Addestramento falco

Cosa dovresti sapere PRIMA di comprare un falco

Prima di addentrarci nelle tecniche di addestramento voglio soffermarmi sul modo di approcciare con un falco.

Bisogna considerare due aspetti importanti:

  • l’addestramento mentale
  • la gestione fisica dell’uccello

Primo passo per iniziare a maneggiare un rapace è quello di assicurarci che il nostro animale abbia un giusto stimolo ambientale e appetito (senza debilitarlo). In questo modo si evitano distrazioni esterne che lo porterebbero a stressarsi, perdendone il controllo e sarà così più facile richiamarlo verso di noi con il cibo se ha la giusta condizione.

Iniziamo:

L’addestramento di ogni tipo di falco o falcone, per molti aspetti è simile all’addestramento di qualsiasi altro animale. Il processo consiste in una serie di piccoli passi progressivi e ripetuti molte volte, associati a immancabili ricompense alimentari.

Molti degli animali addomesticati dall’uomo sono animali sociali a differenza  degli uccelli predatori che non lo sono.

L’evoluzione degli animali sociali è tale per cui loro senza eccezione, posseggono un’armonia fra dominio e sottomissione. Vivendo in gruppo hanno sviluppato la capacità di sottomettersi a forze o intelligenze superiori e alla loro minaccia.

Un animale sociale  quando lavora con l’uomo, attua una facile sostituzione, invece di riconoscere il comando o il dominio da parte di un altro della sua specie, si sottomette e riconosce il dominio dell’uomo.

L’addestramento di qualsiasi animale sociale avviene attraverso un sistema sia di ricompensa che di punizioni da parte di un altro “capo“ sociale dominante.

L’uomo stesso, essendo un animale sociale, comprende perfettamente il sistema e lo applica naturalmente, quasi istintivamente, nei suoi rapporti con gli altri animali. I falchi e i falconi non sono animali sociali; con loro il duplice sistema di ricompensa e punizione non offre risultati, rispondendo favorevolmente solo ad un sistema basato interamente sulle ricompense. Con la forza, la punizione o la minaccia, gli animali non sociali possono reagire solo in tre maniere;

  • possono cercare di scappare
  • possono combattere a loro volta.
  • possono subire bloccati dallo stress

La reazione, dominante di sottomissione al “capo” con i rapaci non si realizza mai.

Colui che volesse addestrare un falco deve dimostrare al suo animale, attraverso un sistema di limitazioni e ricompense del tutto privo di forza o punizione, che egli può essergli utile.

L’unica arma che può essere realizzata in questo caso é quella indiretta, della riduzione del cibo.

Eppure, da questa posizione di inferiorità a suo carico, l’uomo e il falco possono arrivare ad una straordinaria collaborazione nella quale, alla fine, l’uomo acquisisce una sorta indiretta di dominio e un sorprendente grado di controllo. La Falconeria è di per sé un tipo di disciplina dove colui che desidera avere una perfetta conoscenza in materia deve prima di tutto essere padrone di se stesso e conoscere la psicologia del suo animale.

Dopo aver stabilito questo principio primario, dal quale devono partire tutti i passi, possiamo cominciare il lento, metodico e ripetitivo processo di addestramento.

Considerazioni per una buona scelta del falco

Partiamo dalle caratteristiche del falco di allevamento che non è mai stato fatto volare libero. Vi sono molti elementi che formano la sua natura e i suoi difetti.

Alcuni di questi sono elementi naturali, altri sono troppo spesso instillati dal falconiere. Il difetto considerato come peggiore per un falco, preso troppo giovane è l’abitudine di strillare così di continuo, da diventare fastidioso ad ogni vista dell’uomo.

Di sicuro i falconi non sono uccelli particolarmente silenziosi, tanto che nella costa è possibile localizzare i nidi solo grazie alla loro naturale rumorosità.

Analogamente gli uccelli giovani, persino in natura, seguono gli adulti volando e strillano forte per avere il cibo e prima ancora già dal nido, sono altrettanto rumorosi alla sola vista dei genitori che gli portano il cibo.

Sembrerebbe perciò che in natura sia normale gridare, perlomeno fino ad una certa età, anche se ciò non lo rende meno sgradevole. L’atto dello strillare è anche in parte un fatto individuale, ovvero, alcuni sono peggiori di altri a dispetto delle condizioni ambientali e delle circostanze.

Questo è stato dimostrato con due giovani falchi di un anno, entrambe femmine prese dallo stesso nido e cresciute insieme. Eppure una era una terribile “strillatrice” mentre l’altra era perlopiù silenziosa.

Vi sono però alcune cose che possono essere fatte per ridurre il volume e la persistenza del rumore e, pur non essendo del tutto infallibili, abbiamo rilevato che la maggior parte dei falchi e dei falconi possono essere tenuti a stretto contatto con gli essere umani e diventare perlomeno sopportabili.

Osserviamo adesso un tipico nidiaceo strilllatore e vediamo di capire, se possibile, cosa lo rende tale. Nove volte su dieci un tale uccello sarà stato preso dal nido quando è già ben piumato, talvolta soltanto uno o due giorni prima che possa volare. A questa età è quasi incessantemente affamato o pensa di esserlo e non appena impara ad associare l’uomo al cibo, strillerà ogni volta che qualcuno entra nel suo raggio visivo e continuerà a strillare per tutto il tempo che vedrà qualcuno.

Questo è più di quanto tu e i nervi umani possono sopportare, così alla fine il falco verrà messo in qualunque luogo dal quale non possa più vedere nessuno e dove possa cessare immediatamente il suo schiamazzo.

Siamo ora in un circolo da cui non vi è uscita e può solo peggiorare perché quando il falco cresce e le penne sono completamente formate, la quantità di cibo deve essere ridotta affinché lui senta un vero appetito e possa essere addestrato.

Questo naturalmente lo farà strillare ancora di più ogni volta che vede una persona. In semplice autodifesa e disperazione, il povero essere umano dalle orecchie martoriate, lo metterà fuori dalla visuale o addirittura al buio fino all’ora di nutrirlo, così associerà presto l’uomo alll’ora del pasto e il suo strillare sarà il benvenuto ad entrambi.

Così si è creato uno strillatore cronico, e sembra a prima vista che non vi sia modo di evitarlo.

L’unico modo per uscire da questo circolo è l’addestramento all’Hacking, cioè lasciare i falchi liberi di volare e di farsi i muscoli, abituandoli a ritornare a casa per il cibo e catturandoli più avanti quando dovranno essere addestrati, con tutti i rischi connessi a tale pratica. Questo di solito crea uccelli ragionevolmente silenziosi, aldilà di qualsiasi altro svantaggio che possa avere, come possiamo immaginare.

Ma prendendo i giovani alcune settimane prima di quanto è generalmente consigliato, si possono ottenere risultati molto differenti. Un giovane falco che non deva essere lasciato all’hacking dovrebbe essere preso molto prima di quanto viene abitualmente fatto. Prenderli quando sono ancora bianchi, proprio all’età in cui le punte delle remiganti e delle timoniere cominciano ad apparire o addirittura immediatamente prima. A questa età, con alcune ragionevoli cure, sono discretamente sicuro dal pericolo del rachitismo.

Sono un po’ più delicati degli uccelli presi dopo, ma sono ancora sufficientemente giovani per essere spesso sazi e non pensare sempre di aver fame.

Un falco o anche più di uno preso a questa età, dovrebbe essere tenuto il più possibile in compagnia degli essere umani.

In effetti dovrebbe essere tenuto in un luogo da cui possa costantemente vedere e sentire la gente in ogni momento.

Dovrebbe anche essere sempre molto ben nutrito in modo che non abbia mai veramente fame.

Con il cibo messo sul pavimento di fronte a lui, non dato con le dita, questo uccello imparerà da giovane che la presenza degli essere umani non è sempre significato di cibo ma anzi, che la maggior parte delle volte non significa per nulla ciò.

È difficile spiegare o descrivere a chi non abbia mai visto un uccello cresciuto in questo modo come questo diventi docile e completamente a suo agio nel suo ambiente.

Ci si può avvicinare a lui, dovunque e in qualunque momento e prenderlo senza il minimo problema, in tranquillità, si possono mettere i getti posarlo sul blocco e fargli vedere la lunga già molte settimane prima in modo che possa volare. Si nutre ugualmente bene al pugno, sul terreno e sul logoro e può essere nutrito moltissime volte nel luogo e persino prima che possa volare, arriverà a conoscerci, e rassicurato raggiungerà il cibo, praticamente è già addestrato a metà.

Questo addestramento precoce è la cosa più naturale. Da pulcino, il giovane Falcone dovrebbe essere nutrito almeno due volte al giorno mattina e sera.

Quando cade il piumino, la dose di cibo del mattino è gradualmente ridotta fino a ridurla solo ad un pezzetto, poi ad un morso, poi a niente, spostando l’importanza al pasto della sera. Questo è un condizionamento che stabilirà il metabolismo del vostro uccello in modo graduale  e, se questo verrà compiuto metodicamente, non avrà neppure fame finché non si avvicina l’ora del pasto successivo che dovrebbe essere al tramonto o poco prima all’accorciarsi delle giornate.

Non sostengo che la filagne non debba essere usata durante i primi voli, ma in questo caso, di solito non è necessaria. Visto che è stato abituato a saltare dal blocco al logoro, diventa  piuttosto semplice estendere il solito breve volo al logoro in un punto più distante gettato a terra.

Procedendo con gli esercizi in maniera graduale, si inizierà prima, solo con la lunghezza della lunga, poi lentamente un po’ alla volta per tutta la lunghezza del prato.

Sedetevi a fianco a lui quando si sta nutrendo sul logoro e prima che abbia finito offritegli del cibo dal pugno, poi coprite il cibo sul logoro per attirare l’attenzione a voi, oppure mettetene dell’altro sul logoro, in piccola quantità e facendolo finire.

In entrambi i casi lui salterà volentieri dal logoro al  pugno e più tardi vi lascerà prendere altrettanto volentieri una preda morta per essere alimentato sul vostro pugno.

Come reagiscono i falchi alle emozioni?

Uno studio condotto da scienziati del Massachusetts Institute of Technology (MIT) negli Stati Uniti, ha scoperto una connessione evolutiva tra uccelli e mammiferi. Nonostante le enormi differenze anatomiche della loro corteccia cerebrale, uccelli e mammiferi utilizzano comuni sistemi di apprendimento.

Il sistema nervoso degli uccelli è simile a quello dei mammiferi. La corteccia cerebrale, che probabilmente controlla il comportamento condizionato e l’apprendimento degli uccelli è ampia ma non così ben sviluppata come nei mammiferi, mentre risulta dominante il corpo striato che controlla le sensazioni, il movimento e il comportamento istintivo.

Paura o gioia, essere irritati oppure sentirsi tristi sono le risposte immediate di tutto il corpo alle diverse condizioni in cui il nostro animale si può trovare durante un percorso di addestramento.

Gli Animali possiedono delle emozioni, cioè degli stati interiori che li portano ad assegnare certi valori a certe situazioni. Le emozioni sono il risultato della relazione tra la condizione del corpo e ciò che realmente offre esternamente un particolare momento.

Secondo McDermott i sei fattori chiavi per un buon inizio di rapporto con il vostro uccello sono:

  1. Nessuna Forma di timore
  2. Socializzare
  3. Tenere dentro casa
  4. Buona gestione
  5. Non creare associazioni con il guanto
  6. Lavorare correttamente con la bilancia

Esiste l’empatia tra falco e falconiere ?

Ogni falconiere desidererebbe dal proprio falco dopo un adeguato periodo di addestramento, di arrivare ad un rapporto di empatia con il suo rapace. Perché questo avvenga, le cose posso essere inizialmente solo ipotizzate.

Perciò il falco dovrebbe avere capito o sperimentato cosa gli esseri umani sentono e provare a sua volta la stessa cosa. Per fare questo, i falchi dovrebbero avere provato il malumore del falconiere o la gioia ad ogni volo perfetto. In alternativa a questa ipotesi possiamo dire che il falco sta semplicemente reagendo al comportamento dell’uomo senza sentire quello che sente.

Possiamo pure presumere che il loro comportamento è in funzione ad una precedente esperienza legata ad una reazione o stimolo.

Ciò che ne deriva possiamo definirlo fame,opportunismo o empatia.

Queste tre condizioni potrebbero essere l’ingranaggio di unione tra noi e il falco nel lungo periodo di convivenza.

Molte sono state le esperienze con i falchi, al punto di primeggiare sia nella caccia che nella riproduzione con specie di ibridi impensabili in natura.

Alla base di questo c’è la conoscenza del comportamento che mira sull’interazione di tre componenti fondamentali:

  • componente innata o ereditaria
  • componente dipendente dall’imprinting
  • componente acquisita.

(Vedi articolo sull’imprinting).

Ogni falco è diverso dall’altro, la causa non è solo il Dna

Se non sappiamo cosa c’è sulle fondamenta dell’identità del falco non possiamo apportare modifiche al suo comportamento. Qualsiasi falco o Falcone che sia, viene al mondo possedendo il corredo genetico dei genitori, grazie al quale acquisisce le informazioni per dare una disposizione agli atomi che comporranno le cellule, le molecole, gli organi, i tessuti, le ossa,i muscoli, i nervi, che a loro volta costituiranno, il corpo del nostro rapace.


Nel frattempo che il falco cresce, qualcosa accade dentro di lui, comincia ad immagazzinare informazioni, e a creare quello che viene chiamato un  “modello di comportamento”.

Questo non accade solo ai falchi ma accade a tutti gli esseri viventi con un sistema nervoso sviluppato.

La varietà delle informazioni ricevute farà sì che quel falco rispetto ad un altro abbia un’identità diversa e assestante.

Se la madre durante lo svezzamento è stressata o disturbata, i piccoli percepiranno informazioni di stress, il corpo della madre si modellerà in una certa maniera trasmettendo tutta una serie di informazioni di chiusura e protezione. Se invece la madre è calma e amorevole verso i piccoli, questi si disporranno in maniera completamente diversa e aperta alle nuove informazioni esterne.

I falchi, la paura è il dolore

Oggi è noto che qualsiasi essere vivente con un sistema nervoso centrale sviluppato può provare paura, dolore o piacere anche se non lo mostra in modo evidente. Pertanto, gli uccelli provano dolore e piacere come qualsiasi altro animale.

La nocicezione funziona negli uccelli in modo simile a quello dei mammiferi. Gli studi dimostrano che ciò che è noto come nidopallium (qualcosa di simile alla nostra corteccia prefrontale) è negli uccelli la struttura cerebrale associata ai processi cerebrali che permette di sentire dolore.

Quando quest’area di tessuto cerebrale si attiva a causa di uno stimolo, gli uccelli provano dolore o stimoli negativi.

Nessuna forma di paura è il primo fattore chiave da ricercare. Consiste semplicemente nel raccogliere il nidiaceo prima che abbia acquisito qualsiasi forma di paura o timore.

La paura iniziale è un handicap che impedisce al rapace di sviluppare tutto il suo potenziale. Spesso questa paura non viene mai superata completamente e una parte della sua mente sarà sempre assorbita da qualche forma di timore.

Può manifestarsi soltanto come una sottile reazione alle distrazioni, ma non sarà mai performante come avrebbe potuto essere. Partite bene con un uccello perfetto. Nella vita degli uccelli ogni aspetto della relazione con l’uomo deve essere positivo.

Samuel Bozzato

Falconiere professionista da oltre 20 anni. Laureato in scienze motorie e appassionato di Mental Traning

View Comments

  • Buonasera Samuel, sono Francesco e scrivo dalla provincia di PD.
    Vorrei imparare ad allevare un falco pellegrino e la cosa mi entusiasma molto. Però ho diverse domande da porgli, proprio per non fare il passo più lungo della gamba e rischiare di prendere la cosa in modo sbagliato!
    Sicuramente penso che il suo corso di formazione alla falconeria sia molto utile, ma volevo sapere come si attua, se ci deve essere una frequenza, se serve il personaggio principale ( il falco) , quanto costa il corso e per quanto tempo si prolunga! Insomma un po' di notizie, le più importanti !
    La ringrazio fin d'ora x la disponibilità accordatami e aspetto sue notizie!
    Grazie.

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Samuel Bozzato

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