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Che cos’è il Nibbio Bruno
Il nibbio bruno (Milvus migrans) chiamato anche Black Kite è un rapace di medie dimensioni appartenente alla famiglia degli Accipitridi, (comprendente molti rapaci diurni). Si pensa, sia la specie di Accipitride più diffuso al mondo, sebbene alcune popolazioni abbiano subìto grossi cali e fluttuazioni drammatiche negli ultimi periodi. Le stime attuali della popolazione mondiale del Nibbio Bruno raggiunge i 6 milioni di soggetti. A differenza di altre specie, i nibbi bruni o “aquiloni neri” sono cacciatori opportunisti.
Sfruttano il fuoco per andare a caccia. Piccoli uccelli, mammiferi e rettili diventano il bersaglio del “Black Kite”
Trascorrono molto tempo librandosi e planando nelle termiche in cerca di cibo. Le loro ali sono di forma angolata con caratteristica coda biforcuta, che li rende facilmente identificabili dagli altri rapaci. Sono animali molto rumorosi, con un particolare richiamo acuto.
Le caratteristiche del Nibbio Bruno
Chiamati Black Kite gli aquiloni Neri, sono ampiamente distribuiti nelle zone temperate e tropicali dell’Eurasia, in parti dell’Australasia e dell’Oceania, con tendenze migratorie. Vengono riconosciute diverse sottospecie con specifici nomi inglesi. In Europa esistono piccole popolazioni, a differenza dell’Asia Meridionale dove è molto più ampia.
Dai racconti documentati degli Aborigeni, da tempo in Australia un particolare comportamento accomuna tre specie di falco, il nibbio bruno (Milvus migrans), il nibbio fischiatore (Haliastur sphenurus) e il falco bruno (Falco berigora).
Appiccano incendi deliberatamente per catturare le prede spaventate dalle fiamme. In certi articoli ciò viene definita “frenesia alimentare”, perché da queste praterie esce tutto ciò che fugge davanti al fuoco.
Questo significa che probabilmente questi uccelli hanno imparato a controllare il fuoco, ancora prima dell’essere umano.
Questo insolito comportamento nasce da esperienze passate e poi meccanizzate dalle generazioni future in “stimolo risposta”, ciò è stato rilevato con frequenza da coloro che vivono nel territorio del Nord dell’Australia e nel Queensland, che lo hanno rappresentato persino in alcune delle loro cerimonie. Lo confermano studi condotti dal 2011 al 2017 da zoologi dell’Università di Penn State Altoona (Stati Uniti) .
Gli aneddoti, raccolti in un recente studio pubblicato sul Journal of Ethnobiology, potrebbero indurre alcuni a ripensare a come gli incendi si siano diffusi nelle savane tropicali tipo nel nord dell’Australia.
Secondo una revisione del 2015, fino al 75% della terra delle savane tropicali brucia ogni anno, rappresentando circa la metà della biomassa in fiamme in tutto il mondo in solo 12 mesi.
“Non stiamo scoprendo nulla”, dice Mark Bonta, del National Geographic e geografo presso la Penn State University. La maggior parte dei dati su cui abbiamo lavorato è in collaborazione con le popolazioni aborigene. Lo sanno da probabilmente quaranta mila anni o più. È improbabile che dei rapaci appicchino il fuoco, ma naturalmente sfruttano incendi già avviati, ghermiscono ramoscelli in fiamme e li lasciano cadere sulle sterpaglie e arbusti di zone da loro individuate, come potenzialmente ricche di prede.
Alcuni racconti citano che questi uccelli possono sfruttare falò accesi dall’uomo inizialmente usati per cucinare, rubando materiale in fiamme e appiccando focolai in zone diverse. La loro tecnica consiste nel appostarsi ai margini di incendi, in attesa che piccoli mammiferi, uccelli, rettili, grandi insetti, fuggano spaventati dalle fiamme.
Altra cosa curiosa di questi uccelli, è che talvolta si nutrono delle carcasse ancora fumanti trovate tra i resti delle fiamme.
L’Australia non è estranea al fuoco: infatti il primo responsabile è l’uomo, al secondo posto ci sono i fulmini e da quello che dicono gli aborigeni e ricercatori al terzo si aggiungono i falchi.
Per questi Falchi il fuoco fornisce parecchio cibo, cosi da perfezionare la loro tecnica di diffusione delle fiamme.
Il Nibbio Bruno in volo - un rapace dalla coda forcuta
Rapace di dimensioni, sensibilmente più grandi e di struttura decisamente più snella della poiana comune (Buteo buteo). Si presenta con “silhouette” simile a quella del nibbio reale (M. Milvus), ma leggermente più piccolo ed evidentemente meno slanciato, a causa delle ali meno lunghe ed in proporzione più larghe e per la coda meno sporgente, comunque più lunga della lunghezza del dell’ala.
Facilmente distinguibile da altri rapaci di simili dimensioni e colorazioni, per la coda con forcatura, sebbene sia poco accentuata soprattutto in volo (tranne quando ha le timoniere molto divaricate allora appare triangolare e ad angoli netti, in alcuni individui giovani è più evidente).
Quando posato, le zampe appaiono corte e posizionate relativamente in avanti, mentre la punta delle ali raggiunge quasi l’estremità della coda. Vola con notevole agilità, spesso ruotando la coda nel modo tipico del genere; il movimento delle ali è ampio ed elastico, mentre ad ogni battuta il corpo si alza e si abbassa, quasi come in Sterna, e il capo tipicamente tenuto leggermente abbassato. Quando rotea, mantiene le ali praticamente a livello o leggermente arcuate e, con bordi quasi paralleli e “mano” piuttosto larga (sei “dita” di solito ben visibili), in planata, l’articolazione carpale è ancora più decisamente spinta in avanti e la mano piegata all’indietro.
Il modo di volare è un valido carattere di distinzione da M. Milvus.
Dieta e comportamento - distribuzione in Italia
Generalista quanto a regime alimentare è piuttosto eclettico, soprattutto in inverno nella scelta dell’habitat, frequenta ambienti aperti, più o meno imboscati, spesso in prossimità di corpi idrici.
Da solitario a decisamente gregario in colonie riproduttive, raggruppamenti anche di molte centinaia, presso concentrazioni di cibo o in dormitori comuni. Migra in piccoli gruppi o da solo.
Piuttosto vocale soprattutto in situazioni sociali, non esclusivamente legate alla riproduzione, il verso più frequente è un “pliii-irrrr” stridulo e lamentoso.
Piumaggio del corpo omogeneamente buono, opaco, con capo appena più chiaro, striature scure diffuse, più accentuate sul petto, ma visibili solo in ottime condizioni, e coda concolore col dorso leggermente barrata.
Iride di colore da bruno pallido a giallastro, becco nero, cera e zampe gialle. Nessuna apprezzabile differenza nel piumaggio tra stagioni e tra i sessi.
Specie migratrice, sverna principalmente in Africa, a sud del Sahara, tra Senegal, Sudane, Sud-Africa, in numero limitato in Spagna, Francia meridionale e Sicilia. In Italia si rilevano nidificazioni saltuarie in zone rurali o costiere della pianura padana (Bosco della Mesola, Torbiere di Marcaria) e Verona. Ornitologia Italiana P.Brichetti, G Francasso ed. Alberto Perdisa 2003
Habitat riproduzione e movimento - il verso del Nibbio Bruno
Il nibbio bruno viene considerato una specie gregaria non è una rarità vederlo spostarsi in gruppi più o meno numerosi.
Nidifica in zone boscose mature, in ambienti con zone aperte terrestri o acquatiche, dove vengono utilizzate per alimentarsi. Preferibilmente, privilegiano discariche di rifiuti urbani, allevamenti ittici e avicoli, presenti in parchi e zone aride con boschetti o pareti rocciose, steppe e coltivazioni estensive alberate, aree boscate suburbane. Maggiore diffusione tra 200 a 700 m, con massimo di 1150 m sulle Prealpi Bresciani (Cambi & Micheli 1986). Durante il periodo di migrazione, frequenta un ambiente con più ampia varietà di situazioni, dalle coste marine alle coste montuose.
Le coppie riproducono raggruppate o isolate localmente in “colonie”, nidificano su alberi e localmente su rocce, raramente su manufatti vari.
Depositano le uova da aprile a giugno, periodo massimo è tra fine aprile e metà maggio. La loro Covata varia da 2-3 o da 1-5 uova incubate dalla femmina per 31-32 giorni. La schiusa è asincrona. Recentemente sono stati segnalati ibridi in natura in Lazio con poiana, Buteo Buteo (Corso & Gildi 1988), con nibbio reale M.Milvus in Basilicata, oltre a coppia mista in Sicilia sempre con Nibbio Bruno ( Corso & Palumbo 2001).
I movimenti migratori sono regolari tra fine luglio e ottobre, il massimo si ha in agosto inizio settembre con ritardi fino novembre.
Migrazione autunnale più consistente, con probabile presenza di due popolazioni migratrici principali, di cui quelle più precoci che interessano le regioni settentrionali e quelle più tardive di origine balcanica, Adriatico e il canale di Sicilia. Il Mediterraneo centrale viene attraversato in massa nel punto più stretto tra la Sicilia occidentale e la Tunisia ( Agostini & Logozzo1997).
Urbanizzazione e convivenza con l'uomo
Il black kite può cacciare piccoli mammiferi o nutrirsi di insetti spesso se la zona lo permette si accontenta di ciò che trova nell’immondizia e nelle discariche. Dipende molto meno dalla carne di animali morti, come viceversa accade a un suo stretto “cugino”, il nibbio reale. A causa della crescente urbanizzazione e del costante aumento della popolazione, i casi di conflitti uomo-fauna selvatica si verificano con maggiore frequenza. Molte volte, tale conflitto porta ad angoscia, lesioni, malattie e persino alla morte delle parti coinvolte.
Un nuovo studio ha scoperto dove aumentano, con molta probabilità, gli attacchi verso l’uomo da parte dei Black kite.
Si è potuto costatare che questo accade quasi esclusivamente in zone dove la popolazione è alta e le condizioni igieniche sono scadenti, o quando scatta la competizione per il cibo soprattutto nel periodo della riproduzione e protezione dei giovani nidiacei.
Uno studio di ricerca, in collaborazione con un team di scienziati provenienti da India, Regno Unito e Spagna ha studiato il problema in diverse capitali.
I dati sono stati raccolti da venti siti casuali a Delhi durante il periodo 2013-2016. I rapaci mostravano segnali di aggressione verso l’uomo quando si avvicinavano alle zone di nidificazione, Sferrando attacchi che venivano da dietro e mai quando la persona li stava fissando.
La situazione era fortemente legata alle condizioni del vicinato e alla scarsa igiene del luogo di scontro.
Si nutre di ciò che trova e si adatta alla disponibilità di cibo.
Lo studio concluse che la vicinanza degli esseri umani mentre gli animali si nutrono, abbassa la loro paura nei confronti dell’uomo, per il fatto che sono già ricompensati a livello alimentare. È stato accertato che anche i nibbi bruni, come ogni genitore premuroso, diventa più aggressivo quando qualcuno si avvicina al loro nido in presenza delle uova o dei piccoli.
Si è potuto costatare anche che questo animale sa sfruttare le malattie che colpiscono i conigli, aspettando quando questi sono deboli per cacciarli. Questo dimostra la capacità di adattamento e l’estrema furbizia oltre l’innato opportunismo che permette a questo volatile di saper sopravvivere praticamente in qualsiasi habitat
Il uso del Nibbio Bruno nel bird control
Da ricerche fatte, si è scoperto che il nibbio bruno oltre alla sua alta capacità di adattamento è noto per la sua caratteristica chiamata “cleptoparassitismo”,ovvero ruba il cibo e prede cacciate da altri predatori, cogliendoli impreparati e fuggendo via con il bottino.
Questo accade anche con i gabbiani che scambiano il nostro Nibbio bruno per un feroce predatore che ruba cibo.
Un progetto in fase sperimentale è nato nel 2020 nel parco Teatro dell’aria di Gradara e nella società di Bird Control di Verona Falconarius che hanno pensato di utilizzare oltre alle specie di falchi e falconi come la poiana di Harris, pellegrini, lanari, sacri, ibridi di girfalco anche i Nibbi Bruni per il bird control nelle discariche e nei siti infestati da volatili.
1 commento su “Il Nibbio Bruno – un rapace dalla coda forcuta”
Complimenti ???